
Per i giapponesi avvezzi, è colpa del grande pescegatto Namazu, che vive nel fango, sotto il territorio di Shinosa e Hidachi: è lui che, muovendo la coda, scuote il nostro mondo. Porta lunghi baffi e ha una lunga coda. Il suo corpo giace sotto l’intero arcipelago giapponese. Si dice che il dio Kadori tenga fermo Namazu con una zucca. Si dice anche che il dio del tuono, Kashima, con una grossa pietra riesca ad immobilizzarlo schiacciandolo a terra, e si verifichino terremoti quando il dio è stanco. Dal terremoto di Edo (Tokio) del 1855, anche conosciuto come «Grande Terremoto di Ansei», Namazu è visto come un giustiziere che punisce l’avidità umana costringendo alla ridistribuzione della ricchezza. Quanta ricchezza sta ridistribuendo Namazu in Italia?
E non sarebbe male, a ben vedere, una effettiva ridistribuzione. Sebbene questa debba avvenire sul piano politico e socioeconomico, e non dovremmo attendere gli incubi di un pescegatto incontrollabile. Bisognerebbe scegliere luoghi specifici, perché tale redistribuzione sia equa. Invece, al momento, in Italia sembrerebbe che né sul piano politico, né sul piano mitologico, si riesca ad ottenere un equilibrio. Le scosse ottobrine e quelle successive (il rischio è alto e prevedibile) non hanno avuto a livello di morti l’impatto forte del primo terremoto, quello che ha avuto, in agosto, epicentro ad Amatrice, ma Roma, l’Italia, sono sotto schiaffo come non lo erano dal 1980. Ci sentiamo come quelle popolazioni dell’Asia, sempre sotto l’occhio del ciclone, di uno Tsunami dal bel nome di donna.
Abbiamo subito assistito al classico pellegrinaggio del presidente del Consiglio Renzi a Camerino, quale emozione per quei piccoli marchigiani che mai avrebbero avuto altrimenti l’onore di avere, davanti alla casa distrutta, lui in persona, il capo, quello che siede alla destra di Obama e che fa pappa e ciccia con tutti i governanti mondiali. Li ho sentiti dire, in accento forte: «Però ci aiuti sul serio eh», «Fate in fretta». Mi viene in mente la riforma della Costituzione che un sì nel prossimo referendum varerebbe, il cui slogan primario è: «Vuoi che le cose cambino? Vuoi che i politici guadagnino di meno?», e mi domando perché presentarsi nei Comuni colpiti senza una busta per gli sfollati, come quelle delle nonne a Natale, senza aspettare il referendum. Le promesse del Governo sono tante, alte come gli stipendi dei loro rappresentanti.
Vogliamo
credere in un dio superiore che ridistribuisce ricchezze? O vogliamo
cominciare a capire che è come nei casi di incidenti aerei: l’errore è
sempre del pilota? L’aereo è fatto per volare, se precipita il problema è
umano. Un po’ come quei piccioni che rimangono schiacciati dalle auto
in centro. Mutata mutandis: in un Paese ad alto rischio sismico, non ha
senso continuare ad applaudire la Nuvola di Massimiliano Fuksas o
l’Auditorium di Renzo Piano. Gli architetti servono ad altro. È esattamente come dare il Nobel a Bob Dylan o Dario Fo: perdere il senso della realtà. Un Nobel, allora, anche al pescegatto. (Romina Ciuffa)
Nessun commento:
Posta un commento