Si schiera così subito contro il morto Francesco che aveva pronunciato un grande chi sono io per giudicare? in riferimento alle persone omosessuali e che, con il suo operato, aveva fatto sì che il suo non giudizio per umiltà fosse esteso a tutto e tutti. È chiaro come Prevost non intenda, come aveva fatto il suo predecessore, amare il prossimo suo "come se stesso", restituendo il più classico degli amori patologici di sempre: quello della Chiesa verso i credenti e, soprattutto, verso l'essere umano in qualunque versione, ivi inclusa quella di ultimi che lo stesso Leone XIV ha, tra le sue prime dichiarazioni, sostenuto avrebbe protetto riferendosi alla ritrovata centralità del Cristo e dell'Occidente. Un amore estremamente patologico che si dirama in un senso unico, quello dei credenti verso il Papa e la Chiesa e non il reciproco, in una dinamica di amore egoistico e narcisista.
Questo è l'amore del Papa - più di quello vivo, meno di quello morto, verso l'altro -, qualcosa che è solo prendere senza dare se non dichiarazioni scritte da un ufficio stampa, immesse nel filo conduttore della regia ecclesiastica che oggi torna ad essere più nera che rossa, un vero e proprio far credere (i creduloni) che fa sì che ad esso guardino tutti gli esclusi (moltissimi) nel mondo come ad un vecchio potere spirituale che oggi non ha più nessuna ragione di essere, soprattutto quando non ama il suo prossimo e distingue tra figli e figliastri. Papa, mi ami o no? È il caso di dire: perché, allora, mi ci fai credere? In Dio, e in questo amore. In questo modo mostri solo di non essere in grado di amare, come tutti i miei ex.
Romina Ciuffa, 17 maggio 2025
Libro in tutti gli store

Nessun commento:
Posta un commento