La sua scatola portagioie porta gioie solo quando è chiusa, ma quando è chiusa lei non può ballare: che gioia è?
A proposito di scatola armonica, la mia: quando la chiudi, la
ballerina che rotola su se stessa si piega in due e non si sa più che
fine fa e questo mi ha sempre dato soddisfazione. Pensa questa scema,
naso contro i guanti e i gioielli, in apnea totale, si gonfia tutta si
gonfia, sudando come un bestia nel corsetto, urlando come il brutto
genio nella lampada: «Apri la scatola, voglio ballare cazzo!». Ma chi
sei, le dico, ma chi ti conosce. Ma ti pare, una ballerina dentro casa.
Ne serviva giusto un’altra di narcisista. Inscatolo e metto qualcosa di
forte, che si addica al mio stato, Marilyn Manson, «Se non posso averti,
non potrà nessuno». Se io non posso averti, ballerai a comando. Ora
voglio stare per conto mio, la chiudo abbarbicata nel suo stupido tutù.
Ho sempre odiato le cretine che non sanno aprire la loro scatola da
sole. Per di più rosa.
Perché non mi sono fatta un orologio a cucù, dico io, delle bestie
puoi fidarti molto più che delle donne. Avevo questo carillon come si
hanno i carillon: non si sa perché. Stanno lì, da parte, li ricordi
dall’infanzia ma non potresti mai dire chi li ha messi lì. Sarà stata
l’amante di qualcuno dei miei nonni, zii, di mio padre, di una cugina
gay non dichiarata o chissà. Questa stupida ballerina, quando apro,
mostra di sapere della vita. Di me. Perché mi colpisce tutte le volte,
esce come se io non sapessi. Mi sorprende. Ma gira sotto lo sprone della
mia carica e questo non va: voglio un carillon indipendente, una
ballerina che mi faccia danzare. Che esca dalla scatola mentre dormo.
Adoro questa sequenza,
London’s Bridge is Falling down,
canzonetta in voga nelle scuole materne inglesi dal 1744. Nel 1013 il
London Bridge fu fatto bruciare da re Edredo d’Inghilterra e dal suo
alleato norvegese Olav II per dividere l’esercito degli invasori danesi
di re Svein Haraldsson; Snorri Sturluson nel 1225 scrisse la Saga di
Olav Haraldson. Come lo ricostruiremo, my fair lady? Il ponte sta crollando, signora. Ma lei ha gli occhi distrutti dal
panico. Conosco quegli occhi. Prendo la chiave e la rinchiudo con le
gioie. Lock her up, Lock her up. Cessa di crollare il ponte, la mia
ballerina riposa riversa sulle collanine. Il panico è passato, è più
tranquilla ora ma la sento, sento le mie collanine e gli orecchini fare
dling dling, come una scossa di terremoto minuscola che è la mia
ballerina tremante. Ricostruirò questo ponte rosa mentre la scatoletta
trema. Poi si calma. Dev’essersi addormentata.
Da carillon a carilloff.

Passano i mesi e la riapro. Ballerina come stai? La tua serotonina? E
l’amigdala, l’hai regolata intanto? Esce fuori, assonnata. Ha
dimenticato del ponte, poi quel lampo nei suoi occhi cerulei, due
puntini senza pupille. No, non è crollato. Ma fregatene. Sei al riparo,
sei con me, sei nella scatola del carillon. Ballerina, tu balla,
fregatene del ponte. Fai ciò che più ti piace, la felicità, esci dalla
scatola. Mi guardi, come a dire: gira. Ho paura di farti girare, perché
ho paura che avrai paura di nuovo. Lock her up. Ruoto velocemente il
meccanismo. Lei ha le unghie curate, il trucco è leggero. Tende al cielo
allungando le braccia e indica me.
Mi accorgo di meritare un uccello che esce fuori dall’orologio ogni
12 ore e fa cucù. Ne Il Silenzio degli Innocenti c’è un carillon come il
mio nella stanza di una vittima di Hannibal Lecter. Questa scatoletta
rosa piena di oche e fru fru accanto ai pezzi d’uomo di una cena
avanzata si addice di più al mio crescere. Sapere che anche la scatola
più rosa fuori è nera. Cari, on. Cari, off.
London Bridge is falling down, balla, soffre ma balla, un
po’ trema. Rallento. Sta sudando di nuovo. Ha le mani fredde. Le sposto
una collanina che le si è incastrata tra i piedi, delicatamente le
pulisco la scatola delle gioie e intanto lei volteggia, mi guarda, lei
che porta gioie e non sa dove siano, le gioie. Trema più forte. Il ponte
sta per crollare, vedo che già non riesce più a concentrarsi sui suoi
passi. Le sta tornando il panico. Non era stupida, ma terrorizzata. Il
terrore che venga a mancare la terra sotto i piedi, che è il terrore di
volare. La paura che ogni volta, danzando, il ponte crolli. I sensi di
colpa. Qualcuno che la osserva da fuori. La sua scatola portagioie porta
gioie solo quando è chiusa, ma quando è chiusa lei non può ballare: che
gioia è?
Allora prendo e giro la rotella a sinistra, la faccio al contrario
tutta quanta così il ponte è ricostruito. Le si illuminano gli occhi. Da
cerulei a veri. Non ci avevamo mai pensato. Balla, senza paura balla,
ci sono io qui fuori, io ti conduco, tu balla e ricostruisci questo
ponte. Fra poco richiuderò il portagioie. Ma sai che lo riaprirò, ti
caricherò e ti farò girar la testa, ti condurrò in un ballo dolce fino
alla fine della notte. Sai che, mentre la tua scatola sarà chiusa, io
non comprerò nessun orologio a cucù e spolvererò la tua scatoletta.
(Romina Ciuffa)